Digitalis grandiflora Miller (D.ambigua Murray)
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Fiori - Portamento

Famiglia: Scrofulariaceae

Nome volgare: Digitale gialla grande

Caratteristiche Pianta perenne, pelosa, con fusto alto sino a 100 cm.
Foglie basali oblungo-lanceolate o spatolate, acute, a margine dentellato-seghettato, pubescenti sotto; foglie cauline sessili.
Infiorescenza a racemo unilaterale allungato; fiori con calice laciniato con 5 lobi acuti, corolla tubiforme-conica allargata sul bordo a 4-5 lobi subuguali poco pronunciati, giallo-pallida segnata da un reticolo bruno internamente, con fitti peli ghiandolari.
Frutti a capsula ovale, peloso-glandulosa, con 2 logge.

Altre specie Digitalis lanata L. - Digitalis lutea L.

Habitat Boschi radi, cedui, radure sassose e margini dei boschi. Dal piano a 1700 m.

Diffusione Italia del nord

Sostanze contenute Glucosidi (digitossina), saponine, flavonoidi.

Parti velenose della pianta Sono ricchi di glicosidi, in particolare, le foglie e i semi. Queste sostanze raggiungono la massima concentrazione il secondo anno di vita della pianta, nel periodo estivo. Pochi grammi di foglie secche possono essere letali per un uomo adulto.

Proprietà farmaceutiche: Contiene gli stessi principi di quelli della specie purpurea Proprietà diuretiche, cardiotoniche, sedative.

Curiosità Nella celebre opera di Vincent van Gogh Ritratto del dottor Gachet il malinconico medico ha sul tavolo accanto a sé una pianta di Digitalis, all'epoca utilizzato come rimedio fitoterapico per la cura di diverse malattie.
Il nome botanico deriva da digitus che significa dito. Altri hanno descritto i suoi fiori come simili a piccoli ditali.

Dal libro "Piante velenose" di Appendino- Luciano - Colombo - Gatti. ed. ArabaFenice - Boves.

La digitale è sicuramente una delle piante più velenose, ma allo stesso tempo più utili, della nostra flora. Stranamente, la pianta è poco documentata sia nella medicina popolare (la dose terapeutica è vicino a quella tossica) che nella letteratura sui veleni, anche perché induce facilmente vomito che permette di eliminarla dallo stomaco prima che raggiunga l'intestino tenue, il sito principale di assorbimento dei suoi principi tossici. La digitale è il farmaco del cuore per eccellenza, ed il suo principio attivo (varie saponine dette glicosidi cardiaci) viene usato a dosi molto basse, inferiori a mezzo milligrammo al giorno. Questa dose è già pericolosamente vicina a quella tossica, ed una singola foglia di digitale, che può contenere fino a 20 milligrammi di glicosidi cardiaci, è sufficiente ad uccidere una persona adulta. I sintomi dell'avvelenamento sono simili a quelli di altre piante che contengono glicosidi cardiaci, come l'oleandro. Si inizia con disturbi gastrointestinali (vomito, diarrea) e subentrano poi rapidamente sintomi neurologici (sonnolenza, confusione mentale, disturbi visivi con aloni gialli) e cardiaci (rallentamento del cuore fino al collasso cardiocircolatorio). L'avvelenamento da digitale è ampiamente documentato nella letteratura medica per sovradosaggio di farmaci digitalici, ma sono stati descritti solo pochi casi di avvelenamento per ingestione suicida, o per confusione delle foglie con specie eduli (borraggine) o medicinali (piantaggine). Il trattamento è identico a quello del sovradosaggio da digitalici, ed include anticorpi specifici che si legano alla tossina inattivandola.
La digitale è evitata dagli erbivori , che possono, tuttavia, mangiare impunemente molte piante velenose. Per questa ragione è stato proposto di utilizzarla come deterrente nelle aree protette per evitare il pascolamento e preservarne la diversità biologica.
La digitale ha interessanti connessioni con l'arte. Van Gogh dipinse una digitale in due versioni del ritratto che fece al suo medico (Paul Ferdinand Gachet), ed è stato ipotizzato che le allucinazioni cromatiche di cui soffriva, e che gli facevano talvolta dipingere quadri interamente basati su tonalità gialle, fossero il risultato dell'utilizzo della digitale.
La pianta era infatti molto usata nell'ottocento per il trattamento dell'epilessia, malattia di cui soffriva il pittore. Una delle due versioni del quadro divenne famosa per il prezzo che pagato (oltre 80 milioni di dollari) da un ricco industriale giapponese per acquistarlo ad un'asta nel 1990. Anche Giovanni Pascoli dedicò una poesia molto bella alla pianta, simbolo dell'attrazione del proibito ed ispirata ad un ricordo di collegio della sorella Maria.