Artemisia absinthium L.
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Famiglia: Composite

Nome volgare: Assenzio Piemontese: Bonmè

 


 

 
Particolari: --- fiori --- foglie
Caratteristiche: È una pianta erbacea perenne con un rizoma legnoso ramificato dal quale si sviluppano le foglie basali in rosetta e i fusti fioriferi, molto alti e variamente ramificati nella parte superiore, di colore bianco per la presenza di peli fitti e corti.
Le foglie basali e quelle dei fusti che non fioriscono sono lungamente picciolate e bi o tri-pennatosette con segmenti lineari; le foglie dei fusti fiorali sono sessili e sempre più semplici a mano a mano che si sale in alto fino a quelle superiori che sono
semplici e lanceolate; tutte le foglie sono pelose, hanno la pagina superiore argenteo-sericea mentre l'inferiore è verde cenerina.
I fiori, disposti in piccoli capolini penduli di forma globosa, sono glabri o poco pelosi e gialli.
Il frutto è un piccolissimo achenio glabro e senza pappo.

Congeneri: Artemisia canphorata, A. caerulescens

Habitat: In Italia si trova presso le case e lungo le vie dal mare verso la regione submontana. Pianta tipica dei luoghi soleggiati, predilige terreni argillosi, secchi e incolti. Spontanea e perenne, può vivere sino a dieci anni. Fiorisce da luglio a settembre; si raccoglie da maggio ad agosto. (0-2000 m.)

Proprietà farmaceutiche:(Parti della pianta usate: le foglie (mondate) e le sommità fiorite). La droga fornita dall'a. contiene: un principio amaro, detto absintina, in cristalli prismatici poco solubili in acqua; un'essenza che si presenta sotto forma di liquido verdastro o blu-verdastro, di odore aromatico particolare, gradevole e di sapore caldo aromatico che, esposto all'aria, si rinfresca prendendo una tinta brunastra; delle resine, acido succinico, sostanze mucillaginose e peptiche.
La parte più attiva dell'assenzio è l'essenza, che possiede proprietà convulsivanti. Essa produce dapprima un'eccitazione disordinata più o meno violenta, a cui, se la dose è sufficiente, segue una crisi simile a quella dell'epilessia. Si può trovare in polvere o in pillole. In infuso o decotto ha proprietà vermifughe, febbrifughe, stimolanti dello stomaco, emmenagoghe. In associazione con altre sostanze è usato nella cura del saturnismo. Ha proprietà toniche, stomachico- digestive,aperitive, emmenagoghe, vermifughe, colagoghe,antifermentative e antipiretiche. (Droga usata: foglie e sommità fiorite).

Nota 1 Anno 2004L'Assenzio è tradizionalmente noto a tutti per le sue caratteristiche spiccatamente amare e per la diffusa credenza che le sue preparazioni sono tossiche. In effetti nel suo olio essenziale è presente una sostanza, il tujone, che ad alte dosi può dare seri disturbi; tuttavia, contenendo il consumo alle reali necessità e non superando le dosi indicate, le preparazioni di Assenzio possono essere utilizzate con buona sicurezza ed efficacia; si eviti al più di consumare liquori a base di Assenzio perché risulterebbero particolarmente ricchi di tujone e quindi dannosi alla salute.
L'Assenzio è diffusamente impiegato per il suo amaro aromatico sia nell'industria delle be-vande alcooliche (è un componente fondamentale dei vermouth) che delle bibite analcooliche; nell'industria farmaceutica è usato come correttivo del sapore.
Le virtù salutari riconosciute all'Assenzio sono quelle di promuovere l'appetito e di favorire la digestione stimolando lo stomaco e il fegato.

Nota 2 Anno 2005 - È vero che la pianta Artemisia absinthium contiene moltissimo tujone, ma questo si perde quasi tutto per evaporazione durante l'essiccazione, e altro tujone ancora si perde nella testa della distillazione. È quindi incorretto stimare, come fece nel 1989 Wilfred Arnold, che gli assenzi storici avessero 250 mg/kg di tujone. Arnold fece questa stima considerando la pianta fresca e non prese mai in considerazione né l'essiccazione né la distillazione. Un noto chimico e biologo americano, Ted Breaux, ha passato gli ultimi 11 anni a studiare l'assenzio per capire se veramente fosse quel veleno che le leggende narrano. Egli estrasse con una siringa l'assenzio da antiche bottiglie del XIX secolo arrivate intatte fino ai nostri giorni e le analizzò. I risultati furono stupefacenti: gran parte degli assenzi d'epoca avevano tujone che andava dai 5 ai 9 mg/kg, e solo qualcuno sfiorava i 20-30 mg/kg. Considerando che le normative CEE permettono un limite massimo di 35 mg/kg di tujone, gran parte degli assenzi storici sarebbe tutt'ora legale da questo punto di vista.

Nota 3 - Dalle analisi fatte in ottobre 2012 dal laboratorio di chimica organica dell'Univesità di Novara diretto dal prof Giovanni Appendino risulta che l'assenzio delle Alpi Marittime è il chemiotipo a ocimene ossido e non quello a tuione.(solo tracce)

Nota 4 - Dalle radici sono stati isolati molti lignani che si cerca di valorizzarli dal punto di vista del profilo biologico. Confermaya la presenza solo di tracce di tuione.

L'assenzio è forse la pianta più diffamata di tutta la nostra flora, e sembra quasi incredibile che una specie che cresce così abbondante e, per certi versi, quasi anonima ai bordi di tante stradine abbia avuto una relazione così interessante con la nostra civiltà. Anche se il nome assenzio deriva dal greco apsinthion ("non bevibile" o "privo di dolcezza"), la pianta è stata usata fin dai tempi degli antichi romani per aromatizzare bevande alcoliche, probabilmente anche per mascherare il gusto di vini andati a male e conferirgli un pizzico di sapore medicinale. Alla fine dell'ottocento l'assenzio ha iniziato ad essere accusata di tutto, in un crescendo di illazioni che alla fine hanno portato ad una forma di proibizionismo che ha anticipato quello della canapa.
L'assenzio è la pianta simbolo del sapore amaro. Forse l'aggettivo che meglio definisce la sua amarezza è "apocalittica", visto che una delle disgrazie dell'umanità descritte nell'opera di San Giovanni è proprio la caduta di una stella punitrice chiamata assenzio nelle acque, che diventano amare al punto da far morire gli uomini che se ne abbeverano (Apocalisse, 8: 10,11). Ma quanto è amaro l'assenzio? Il suo principio amaro, l'absintina, è in grado di rendere amara l'acqua ad una diluizione di 1 a 30 milioni. Un milligrammo in trenta litri d'acqua, una capocchia di spillo del composto in una piccola damigiana d'acqua. Si tratta di uno dei composti più amari che si conoscano, ma, diversamente da tanti altri composti amari e smentendo la profezia apocalittica, l'absintina non è un composto tossico, ed è quindi molto utile per lo studio dei meccanismi molecolari alla base dell'amaro. Le connessioni dell'amaro sono sorprendenti. Cominciamo con un'esperienza facile da fare. Se si assaggia una foglia di assenzio, sovente poi si sternutisce, e questa connessione oro-nasale, a prima vista paradossale, è stata chiarita di recente, quando si è scoperto che esistono delle relazioni molto strette fra le antenne che captano l'amaro (tecnicamente i recettori dell'amaro) ed il sistema respiratorio. I recettori dell'amaro non si trovano infatti solo nella cavità orale, ma anche in tutto il sistema respiratorio e, come vedremo, nel canale alimentare. Il loro ruolo nell'epitelio nasale è molto interessante. Nel naso, i recettori dell'amaro servono per rivelare la presenza di una serie di composti prodotti dai batteri e implicati nel cosiddetto "quorum sensing", in pratica la comunicazione fra i batteri per coordinarsi e scatenare un'infezione.
Chimicamente questi composti, noti come acilomoserinlattoni, sono, per certi versi, dei parenti dell'absintina, anche lei un lattone.