Arum maculatum L.
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Famiglia Araceae

Nome volgare Gigaro

Caratteristiche Pianta perenne e glabra di aspetto erbaceo, eretto, alta sino a 30 cm, con un rizoma ovoide, tuberiforme sotterraneo, dal quale in autunno si sviluppano le foglie. Le foglie sono di colore verde scuro; nel caso dell'Arum maculatum si presentano con le solite macchie bruno-violacee.
I fiori molto piccoli, unisessuali, crescono alla base di una colonna (spadice) che è una speciale infiorescenza simile ad una clava generalmente più corta della metà della spata, con un' appendice di colore giallo, lunga quanto il peduncolo o poco meno.
La spata a forma di un capuccio parzialmente circonda e racchiude lo spadice con funzione di protezione dagli agenti atmosferici, riuscendo a mantenere, con un notevole dispendio di energia metabolica, la temperatura interna in corrispondenza dei fiori, assai superiore a quella esterna; è lunga fino a 30 cm, ed è di colore giallo-verdastro con a volte sfumature purpuree.
I frutti sono pannocchie di bacche color rosso-arancio. Sono raccolte sull'asse, prima verdi poi rosse a maturità, della grandezza di un pisello.

Habitat Cresce nei boschi e nei luoghi freschi e ombrosi. (0-1600 m.)

Proprietà farmaceutiche: Antireumatiche, antigottose. Tutte le specie sono velenose: evitare assolutamente l'uso casalingo.
Nella medicina popolare un infuso di foglie era somministrato contro la tosse e malattie di polmoni e stomaco.

 
 
Foglie -Frutto
--Radice    

 

Altre specie Arum italicum

Diffusione Comune.

Sostanze contenute Saponine, bassorina, amido, olio grasso, leroina, glucosidi cianogenici nei semi.

Parti velenose della pianta Tutta la pianta, particolarmente le bacche.

Curiosità Una leggenda dice che la pianta cresceva ai piedi della croce del Calvario e che le gocce di sangue cadute sono l'origine delle foglie macchiate.

 

Dal libro "Piante velenose" di Appendino- Luciano - Colombo - Gatti. ed. ArabaFenice - Boves

Il gigaro è considerato fra le piante più velenose della nostra flora, ma, sorprendentemente, si sa ancora poco sui suoi principi tossici. Più che di vera e propria velenosità, si dovrebbe parlare di potere irritante. Tutte le parti della pianta, ed in particolare i bei frutti rossi, contengono infatti composti fortemente irritanti per le mucose. Il medico rinascimentale Castore Durante ricorda un uso curioso del rizoma, che, essiccato e polverizzato, era aggiunto durante i banchetti alle portate destinate ad ospiti non graditi o troppo ciarlieri. Gli effetti sulla mucosa della bocca erano tali da impedire ai malcapitati di parlare o di continuare a mangiare, e questo utilizzo curioso era anche diffuso nel Nord Europa. Si sa molto poco sui principi irritanti del gigaro. Si tratta di composti distrutti dal calore, perché, dopo bollitura, il rizoma diventa edule, e, mescolato alle rape era un piatto classico della cucina romana, decantato da Plinio e Galeno per le sue proprietà salutari. Gli estratti del gigaro emanano odore " di topo", ed è stata sospettata la presenza di coniina ed alcaloidi piridinici, smentita tuttavia da analisi recenti. Parte del potere irritante della pianta potrebbe essere dovuto semplicemente alle alte concentrazioni di cristalli di ossalato di calcio. Casi di avvelenamento letale sono solo stati descritti in animali. I frutti, di un bel colore rosso vivo, sono all'inizio dolciastri, ma, a questa sensazione gradevole subentra rapidamente un intenso bruciore della cavità orale, cui seguono nausea e vomito. Caratteristica è anche l'insorgenza di tingling, la sensazione di scossa elettrica che si ha mettendosi una pila sulla lingua. L'avvelenamento suicida con la pianta (frutti e foglie) provoca, oltre a tumefazione della mucosa orale, dilatazione della pupilla (midriasi), coma e convulsioni, e non è spiegabile semplicemente con la presenza di ossalato di calcio o di saponine.