Maclura pomifera (Raf.) Schneider
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Famiglia Moraceae

Caratteristiche E' un albero alto 8-12 metri con chioma folta ed irregolare.
Tronco tormentato a corteccia bruno-aranciata profondamente fessurata e screpolata contenente tannino in discreta quantità, mentre dalle radici si estrae un colorante denominato morina.
Le foglie assomigliano a quelle dell'albero dell'arancio. Sono alterne, acuminate, coriacee e furono impiegate in passato anche nell'alimentazione del baco da seta (Bombyx mori), ma con risultati poco soddisfacenti (vedere più avanti).
La specie è dioica, cioè con fiori maschili e femminili su piante differenti. Le infiorescenze, sia maschili che femminili, sono sferiche del diametro di 2-3 cm. La caratteristica più curiosa della pianta è il frutto che è più propriamente una infruttescenza (sorosio) formata da un insieme di acheni ognuno derivante da un diverso ovario. È un ammasso sferico dal diametro variabile dai 7 ai 15 cm di colore variabile dal giallo al verde, di consistenza legnosa e con la superficie profondamente corrugata. Il frutto aperto rivela una polpa biancastra da cui cola un succo lattiginoso, ed è una infruttescenza derivata dalla trasformazione di un'intera infiorescenza. Il frutto non è commestibile.


 
 
Fiori - Foglie - Frutti - Fusto

Uso Nella sua regione d'origine, il Nord America, il legno della Maclura era utilizzato dai nativi del luogo come legno per la costruzione di archi, come rimedio per congiuntiviti e infiammazioni degli occhi. Il frutto è molto apprezzato dagli scoiattoli, mentre, pur se non velenoso, causa il vomito se ingerito dagli esseri umani.
In Italia, a partire dalla metà dell'Ottocento, in seguito alla comparsa di una grave forma di infezione che colpiva le radici dei gelsi bianchi utilizzati in bachicoltura, si tentò di utilizzarne le foglie nell'alimentazione del baco da seta, ma con scarso successo vista la scarsità di nutrienti rispetto alla foglia del gelso.