Helleborus viridis L.
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Fiore1 - Fiore2 - Foglie - Frutto

Famiglia: Ranuncolecee

Nome volgare: Elleboro verde

Caratteristiche: Pianta ebacea perenne, rizomatosa e rustica che si presenta come un basso cespuglio, i cui fusti eretti alti fino a 30-50 cm, si ramificano in alto. Una o due foglie basali grandi 20-40 cm, che si sviluppano dal grosso rizoma strisciante sono rigide, verde scuro, caduche, palmate, divise in 9-11 segmenti lanceolati o oblunghi, dentati, lunghi fino a 10 cm., le foglie che nascono alla base del fiore sono sessili e digitate.
I fiori dapprima rivolti verso il basso, poi patenti, sono posti all’apice dei rami, sono inodori, di colore verde giallognolo, raggiungono la dimensione di 5 cm e sono formati da 5 tepali ovali, numerosi ed appariscenti stami che al contrario dell’Heleborus foetidus, sono più corti dei tepali.
Il frutto è un follicolo.

Habitat: Terreno boscoso, ombreggiato; 0 - 1600 m. Febbraio - aprile

Proprietà farmaceutiche: Tossico. Proprietà diuretiche, emmenagoghe
La radice contiene alcaloidi.
La pianta può essere utile per la riduzione della pressione sanguigna in vari stati di ipertensione.
In considerazione dell’alta tossicità dei suoi principi curativi Elleborina ed altri, che costituiscono un alto rischio per la salute dell’uomo e degli animali, la pianta in tempi recenti è stata tolta dalle farmacie.
E’ stata da tempi immemorabili usata per curare gli animali e l’uomo da varie malattie, tra le quali il mal di denti, si credeva che arrestasse la caduta dei denti guasti e si riteneva fosse un buon rimedio contro la pazzia.
Ritenuta in possesso di qualità magiche, la si metteva nelle stalle per tener lontano il malocchio che faceva ammalare il bestiame e per impedire l’accesso agli animali dannosi e pericolosi. In India la si bruciava al capezzale delle partorienti per affrettare e facilitare il parto.
Il decotto di elleboro veniva usato dagli antichi come un potente veleno.