Aconitum napellus L.
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Frutti --- Semi --- Radice --- Foglie

Famiglia: Ranuncolacee

Nome volgare: Aconito napello

Altre specie A.paniculatum - A.variegatum - A.vulparia (tutte le specie sono molto velenose)

Caratteristiche: È una pianta erbacea vivace con una radice carnosa arrotondata verso l'alto e ristretta a cono in basso; al momento della fioritura, vicino a questa radice se ne forma un'altra che prenderà il posto della prima esaurita. Il fusto, eretto, è quasi sempre semplice e alto fino a oltre un metro.
Le foglie, alterne, hanno un lungo picciolo; il lembo è diviso in cinque lobi a loro volta profondamente incisi in segmenti sottili e lunghi; la superficie è glabra, le nervature sono molto evidenti nella pagina inferiore.
I fiori, di colore azzurro, viola o talvolta bianco, sono riuniti in un lungo racemo; il calice ha cinque sepali colorati molto diversi, uno dei quali è foggiato a elmo; i petali sono otto: due formano dei cornetti che contengono del nettare, gli altri sei sono ridotti a linguette; il frutto è formato da alcuni follicoli contenenti i semi di colore nero.

Habitat: Cresce nei boschi, nei pascoli e nei prati alpini, malghe. 600-2600 m.

Diffusione Abbastanza comune nellItalia del nord.

Sostanze contenute Acaloidi (aconitina, mesaconitina), alcamina, acidi organici.

Parti velenose della pianta È la pianta più velenosa della flora italiana. Tutte le parti, specialmente se fresche, sono altamente tossiche. La radice ha un'attività circa dieci volte superiore a quella delle foglie.
Uno o due milligrammi di aconitina possono provocare la morte di un adulto e fenmeni tossici di una certa gravità possono manifestarsi anche a dosi terapeutiche.

Proprietà farmaceutiche: Tutta la pianta è velenosa. - La pianta se utilizzata correttamente ha numerosi effetti terapeutici.
Erba sedativa, antireumatica, diaforetica, analgesica, antipiretica diuretica, irritante.

Sintomi dell’avvelenamento Agisce sul cuore e il sistema nervoso centrale: prima eccita, poi paralizza i centri nervosi. Agisce inoltre sulle terminazioni nervose motorie e sensoriali producendo rispettivamente un effetto paralizzante e fenomeni di anestesia.
I principali sintomi sono: forte secrezione salivare, sudore, mancanza di rerspiro, irregolarità del battito cardiaco, disturbi alla vista e all’udito, collasso e morte per paralisi cardiaca o per paralisi respiratoria.

Antidoto Antidoti d'urgenza sono l'atropina e la strofantina.
Il latte non è un antidoto.
Si intervenga liberando anzitutto lo stomaco e l’intestino, anche con lavatura gastrica, somministrando carbone, tannino, acqua iodata, poi analettici (atropina, digitale) e praticando la respirazione artificiale. (G.Negri “Erbario Figurato” ed Hoepli)

Nota Tutte le specie di Aconitum contengono l’alcaloide aconitina, che è una delle sotanze vegetali più tossiche che si conoscano: bastano pochi milligrammi per procurare la morte. Nonostante ciò, alcune specie sono utilizzate a scopo medicinale
Si possono verificare irritazione e intossicazioni anche solo tenendo in mano l’Aconito, i principi attivi vengono assorbiti attraverso la pelle. In particolare l'azione irritante è legata alla liberazione di glucosidi da parte del fusto e delle foglie ciò avviene quando vengono maneggiati.
L'avvelenamento del bestiame è rarissimo, dal momento che la pianta viene accuratamente evitata. Invece sembra che le api che ne visitano i fiori producano miele tossico.


Dal libro "Piante velenose" di Appendino- Luciano - Colombo - Gatti. ed. ArabaFenice - Boves.

L'aconito è uno dei veleni più famosi. La fama di velenosità della pianta era tale che gli antichi romani considerarono la sua semplice coltivazione un crimine. Non avevano di sicuro torto, perché tutte le parti della pianta sono estremamente velenose per la presenza di alcaloidi di terpenici, il più famoso dei quali è l'aconitina. I casi di avvelenamento non omicida sono rari in Europa, e derivano per lo più da confusione delle foglie con quelle di piante eduli, come il Molopospermum peloponnesiacum (L.) Koch. (famiglia Apiaceae, ex-Ombrellifere) Koch, pianta nota in italiano come "cicutaria fetida", diffusa, nonostante il nome, anche in Italia e considerato una prelibatezza gastronomica in Catalogna. In Estremo Oriente, l'aconito rappresenta invece una delle cause più frequenti di avvelenamento umano da piante, a ragione del suo uso nella medicina tradizionale cinese.
Tutte le parti dell'aconito contengono una miscela di alcaloidi il più importante dei quali è l'aconitina. Si tratta di uno dei più potenti veleni vegetali conosciuti, e la dose letale per un individuo adulto è stimata intorno ai 3-5 mg, corrispondenti a 2-4 g di radice. I sintomi gravi dell'avvelenamento insorgono rapidamente, in circa 30 minuti, caratteristica non comune per i veleni vegetali. Già dopo alcuni minuti dall'ingestione si osserva, in ogni caso, parestesia, con formicolio diffuso a livello della cavità orale. E' il cosiddetto tingling, termine intraducibile in italiano, e corrispondente alla sensazione che si prova mettendosi una pila sulla lingua (per inciso, esiste una spezia cinese, il pepe di Szechuan, che mima proprio l'effetto "elettrizzante" di una pila sulla lingua, sensazione che è molto importante nella cucina cinese). Alla parestesia seguono rapidamente anestesia, debolezza muscolare, insufficienza respiratoria e fibrillazione cardiaca. L'aconitina è un veleno dei canali del sodio, che tiene aperti indefinitivamente, analogamente alla veratridina del veratro, ed il suo organo bersaglio è il cuore, che necessita per il suo funzionamento ritmico di apertura e chiusura di questi canali. Non esiste alcun antidodo specifico all'avvelenamento da aconito, ed i farmaci somministrati sono solo sintomatici. L'aconitina è ben assorbita attraverso la pelle, per cui anche il semplice contatto con le radici dell'aconito può portare a disturbi e parestesie.
Nel caso di bambini, i sintomi possono essere evidenti anche dopo il contatto con i fiori.
La tossicità dell'aconito è ben documentata nella letteratura criminale, e nel 2009 in Inghilterra un'emigrante indiana avvelenò il suo ex-amante e la sua nuova fidanzata mescolando dell'aconito al curry. L'uomo morì, la donna riuscì a salvarsi, e l'avvelenatrice fu condannata all'ergastolo. Diversamente da altre forme di avvelenamento, quella da aconito è accompagnata da dolori lancinanti, e l'uso suicida è quindi molto raro, nonostante la fama letteraria del suicidio da aconito, immortalato da Joyce nell'Ulisse.